Anziani in montagna. Quelli che non mollano




  
Im Unnerland êscht nêmä	
im Oberland luschtigs Fogluksang      
das di altu Fogla 
so lang megä läbä.	
Nelle terre inferiori non c'è nessuno, 
nelle terre superiori un allegro canto d'uccelli, 
affinché i vecchi uccelli 
possano vivere a lungo.	  


“Chi si da all’alpinismo con i soli muscoli si ritrarrà da esso dopo pochi anni. Chi è alpinista col cervello e col cuore saprà trovarvi valori tutta la vita, tanto da giovane quanto da vecchio.”
G. von Saar.



Quando ho letto la notizia di quel tipo che ha salito l’Everest a 76 anni ho dapprima pensato che avevo davanti dieci anni per allenarmi e fare il nuovo record di anzianità.
In realtà non mi piacciono quelli che vanno in montagna per battere i record, se poi si sale accompagnati da 12 sherpa, si può dire che mancava solo l’elicottero.
Qualche anno fa un polacco ha cercato di salire il monte Bianco portandosi dietro il figlio, non ricordo se di pochi mesi o di pochi anni, anche lui per battere un record. Per fortuna la gendarmeria francese ha impedito tanta corbelleria.
Adolphe Rey, cui Chabod e Boccalatte dedicarono un picco vicino ai Capucin, andò in montagna sino ad 85 anni (sulle Aiguilles Marbrées). Poi dovette interrompere per una frattura.
Attribuiva la sua longevità alla sua vita sobria, nel mangiare e nel bere.
Gli altri bevevano tanto e di conseguenza avevano sempre sete, lui si vantava di bere pochissimo, Chabod racconta che solo quando fu nominato presidente onorario delle Guide Internazionali, festeggiò "bevendo più dello stretto necessario".
Quando gli chiedevano perchè andasse ancora in montagna in tarda età rispondeva : "Le montagne mi parlano e io sto volentieri con loro.".
Io vado in montagna per godere della montagna, quelli che vanno per altri motivi mi sono estranei, rispetto le loro motivazioni, non accetto ovviamente che il risultato delle loro imprese comporti la devastazione dell’ambiente, come sta avvenendo in Himalaya e, naturalmente, non solo lì.
Quando per esempio vado in Val di Mello, all’inizio resto allucinato, dagli strani personaggi carichi di ferraglia che si incontrano, dalle urla (tira, molla,, etc.) che provengono dalle pareti. Poi, proseguendo verso il passo di Mello o scantonando nelle valli laterali non c’è più nessuno e rimango solo con la montagna e i miei amici, quando ci sono.
Non dico che il mio modo di vivere la montagna sia il più giusto, dico solo che è il mio modo e quando ritorno a valle di me lassù non resta traccia, se non la firma su qualche libro o qualche ometto che ho costruito su un terreno che mi genera ansia, ometto che sarà portato via dalla prima pioggia.
In questo sito descrivo i diversamente giovani, gente che va in montagna da anni e continua ad andare anche oggi, non per battere record (se qualche volta si è andato di corsa e si è guardato al record personale, era per allenamento, non lo si considerava un andare in montagna) ma per godere della bellezza della poesia insomma di tutto quello che la retorica dice della montagna, che noi abbiamo veramente vissuto da sempre e continuiamo a vivere.

Si chiama Yuichino Miura il nonno giapponese che è arrivato in cima all’Everest a 75 anni suonati e dopo aver subito ben due operazioni al cuore. Una scalata meravigliosa che lo ha portato sul tetto del mondo, a 8.848 metri d’altezza. Prima di lui aveva tentato l’impresa anche un altro anziano nepalese, Min Bahadur Sherchan che è salito sull’Everest due giorni prima del signor Miura ricevendo tra l’altro i suoi complimenti. Il vincitore di questa competizione d’altri tempi però non è riuscito ad entrare nel Guinness dei primati e ha dovuto lasciare il posto al decano giapponese. Min Bahadur Sherchan infatti ha dichiarato di avere 77 anni, ma non è mai riuscito a dimostrarlo.

Emanuele

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