Aiguille de Leisasse, m. 3014

4 Agosto 2007.
Sono in contatto con Emanuele per fare una gita insieme, anche Cesare sarà con noi, poi all’ultimo Emanuele dice che non può, invece si unisce a noi Giovanni ed io non sono contento perché la presenza di Giovanni significa correre.
Il vantaggio è che andiamo con la sua auto, la mia Panda è troppo scomoda per tre persone.
L'aiguille de Leisasse vista dal Pain de Sucre Ci ritroviamo alle otto, Cesare come sua abitudine arriva in ritardo, mai poi dirà di essere arrivato in anticipo, ma anche per questo mi è simpatico.
Il viaggio verso il colle del Gran san Bernardo è caratterizzato da interruzioni con semafori per vari cantieri, anzi anche il piccolo parcheggio dove inizia la carrareccia per Pra di Farco è coinvolto da lavori.
Per fortuna si trova un posto in un piccolo slargo un centinaio di metri più avanti.
Sono passate le nove quando ci mettiamo in marcia.
A Pra di Farco incrociamo il sentiero per il colle di saint Rhemy che seguiamo per pochi metri per abbandonarlo subito e dirigersi su terreno poco ripido sino ai ruderi dell’alpe Tsa d’Arc a circa 2350 m. di quota.
Alla nostra destra i due corni rocciosi del Fourchon e del Pain de Sucre.
Il canalino che porta al piano superiore Anche il col Fourchon è ben visibile e l’itinerario per raggiungerlo.
Dopo i ruderi c’è un salto erboso e qui Giovanni sparisce.
Quando lo abbiamo superato vediamo il nostro amico sulla sinistra dietro di noi, chissà dove è andato a cacciarsi.
Si continua a salire su pendii, dapprima erbosi, poi detritici, incontriamo i resti, semi sommersi dai sassi di una rotaia e cerchiamo di capire il suo scopo, infatti non si vedono buchi o altri manufatti.
Più in alto raggiungiamo un sentiero (o meglio i resti di un sentiero, che sarà più visibile in discesa) che dirige verso Sud e ci permette di superare l’ultima scarpata e raggiungere l’altipiano superiore dove ci sono ancora residui nevosi.
Ora bisogna capire dov’è la cima, sopra di noi ce ne sono due.
Sbaglio indicando quella sbagliata e la cosa ci costa una piccola perdita di tempo e di fatica, Giovanni si accorge presto dell’errore e torniamo indietro.
Verso la cima Due persone scendono sui nevati, li abbiamo visti più in alto ad un colletto, chissà se sono stati in cima?
Su questa cima sono salito otto anni fa, credevo di essere salito per il versante Ovest e non per il versante Sud, quello giusto, per questo sono entrato in confusione.
Arriviamo ai piedi del versante Sud e mi ricordo, mi sembra anche di vedere la via (canalini e roccette) per cui ero salito allora.
Giovanni sale per la cresta e subito arriva in cima.
Io salgo per detriti supero un primo canalino, seguito da Cesare che poi passa su placchette a sinistra, raggiunge la cresta e arriva in cima.
Supero alcune roccette marce a destra, raggiungo un canalino terroso (lo stesso di otto anni fa’) e sono in cima.
Una cima erbosa con un grande ometto.
E’ l’una meno un quarto.
Sono veramente contento anche se stanco e un po’ preoccupato per la discesa, anche se so che queste mie preoccupazioni sono sempre esagerate.
Guardiamo il panorama, dominato da una parte dalla grandiosa costruzione del Gran Golliaz, dall’altra dal Combin e dal Velan, facciamo fotografie, i miei compagni mangiano, io mi limito a bere un po’ di cedrata.
Mi sono abbastanza stancato.
La cima. Sullo sfondo Combin e Velan Dopo mezz’ora iniziamo la discesa, io miei amici per la cresta, io per la via di salita e scendo più rapidamente di loro.
Ora siamo sul bel pianorone, vorrei fermarmi qui, passeggiare, andare da un punto all’altro di esso, ma c’è il mio amico Giovanni e non si può.
Seguendo degli ometti raggiungiamo la traccia che taglia il ghiaione in alto, la percorriamo tutta ed arriviamo su pendii erbosi e un po’ scivolosi dove forse cent’anni fa c’era un sentiero di cui indoviniamo le tracce.
Ogni tanto facciamo cadere qualche pietra, una volta cado anch’io (gambe stanche) e chiedo una piccola sosta che mi è accordata con qualche mugugno di Giovanni.
Roccette finali Scendiamo a Nord di uno sperone (in salita eravamo passati a Sud) poi troviamo ancora qualche traccia di sentiero e qualche ometto.
Giovanni va avanti, troviamo una bella sorgente dove ci si potrebbe fermare, ma dobbiamo proseguire.
Siamo in breve ai ruderi della Tsa d’Arc, breve sosta poi la discesa su terreno più comodo, la carrareccia e l’auto.


Inizio pagina