E adesso che faccio?

Storia raccontata da Emanuele Fornasiero  di Carate Brianza.

 

L'intento era di fare una splendida traversata, in una splendida giornata, nello splendido gruppo del Bernina.
Sono le 4.30 del 24/9/1999, sono già in cammino e il rifugio Marinelli è alle mie spalle: che cielo azzurro, che stellata, che paesaggio lunare!
Lo zaino è pesante ma mi sento in piena forma.
Un gruppo di alpinisti mi precede di poco e, nonostante i miei 66 anni, le gambe accelerano per raggiungerli
Uno spettacolo meraviglioso mi accompagna e mi esalta, ma ... un momento ... questo colle non mi ricordo di averlo mai visto, ma quello è il ghiacciaio inferiore del Fellaria che porta verso la Bignami, io invece devo salire verso il rifugio Marco e Rosa, salire il Bellavista, scendere sul ghiacciaio superiore del Bellavista e quindi scendere su quello inferiore, e poi scendere al rifugio Bignami! Sarà meglio tornare un po’ indietro.
E riecco il gruppetto che avevo superato ed ecco che sta passando alla mia sinistra (ed io che ci tenevo a raggiungere per primo le roccette!), comunque ... avanti!
Ormai è l'alba, la giornata è splendida, da mozzafiato; si, va bene, ma io sono ancora troppo a destra e anche troppo in alto, ma .... che spettacolo, ... ma guarda quel canalone, ma ..., si ..., quello deve essere il canalone Folatti (situato alla destra della cresta Guzza), di cui ho sentito parlare senza peraltro avere mai letto la relazione, si ..., si ...., ma io devo andare al rifugio Marco e Rosa!
Però che bello ... non sembra neanche difficile ne molto lungo (visto da lontano) e che neve compatta, ideale per risalire un canalone, ma gli altri dove sono?
Dove sono?
Per forza non li vedo più: ammira e ammira e mi trovo già nel canalone!
E adesso che faccio? Ormai devo proseguire (anche perché mi affascinano le nuove scoperte).
Sono quasi alla metà del canalone ed ecco la prima crepaccia ... sarà bene tirar fuori le due piccozze e proseguire.
Ecco una seconda e più impegnativa crepaccia che dal basso proprio non si vedeva, ma comunque la salita è sempre più affascinante.
Però quanto è ripido e lungo questo canalone, sono già stanco e sono a poco più di metà, ma ... forza ... forza Emanuele!
Ed eccomi finalmente al salto finale: si, si ... è proprio un salto, una colata di ghiaccio vivo che dal basso ...!!? (a sinistra fantasmagoriche stalattiti di ghiaccio, al centro una parete di ghiaccio vivo quasi verticale, a destra una fessura tra ghiaccio e roccia levigata!!!) ... dal basso sembrava un bellissimo scivolo di neve dura!
I miei ramponi sono da misto, del resto l'intenzione era di fare una "gita turistica" , come diciamo noi.
E adesso che faccio?
Cosa faccio? Devo salire!
Visto che i ramponi entrano appena appena nel ghiaccio devo provare nella fessura e, in opposizione tra ghiaccio e roccia forse riesco ad alzarmi quel tanto sufficiente per vedere cosa mi aspetta sopra.
Forza! Comincio ad assicurare le piccozze con un cordino, cerco un appoggio sulla roccia e ... bèh, basta chiedere ed ecco l'appoggio! Era nascosto dalla neve. Ed oplà, il primo passo è fatto!
E adesso che faccio? Ne devo fare un altro ... ma è una parola! Occorre un altro appoggio nella roccia liscia e allora, cerca-cerca, pulisci-pulisci, ed eccolo, sia pur piccolo.
Oplà, il secondo passo è fatto, ma che fatica! Ma chi l'avrebbe detto che ancora una volta mi sarei messo in una situazione così impegnativa?
E adesso che faccio? Scendere non è più possibile senza corda, quindi devo andare avanti! Devo piantare un chiodo il più in alto possibile tenendomi con la piccozza, provo, ma con una sola mano il chiodo non entra, le gambe cominciano a tremare, ma devo assolutamente autoassicurarmi e quindi devo riuscire assolutamente a piantare questo chiodo, devo fidarmi dell'appoggio dei soli piedi, devo riuscire a dare al chiodo qualche colpetto con la piccozza, devo farcela, e ... è fatta!!!
E adesso che faccio? Me lo chiedo ma lo so benissimo, adesso devo fare una tacca nel ghiaccio ed, oplà, sono già in piena parete (ma sono assicurato) e allora avanti con un altra tacca, poi mi prendo un po' di riposo, poi avanti senza dimenticare di recuperare i chiodi!
Risalgo così gli ultimi metri di ghiaccio vivo, in leggero traverso, recupero l'ultimo chiodo, respiro profondamente, su neve dura, raggiungo quindi il colle: Uaahuu !! Uaahuu!! Sono le 9, 30 e ce l'ho fatta, ma ... sono stato un po' matto, diciamolo!
Ormai è fatta, ma sono stanchissimo per l'enorme stress. Con sollievo vedo sotto di me la traccia del giro di Bellavista, per cui ritengo che mi aspetti ormai la "gita turistica" che avevo programmato, per cui la fatica mi peserà meno: sarà così?
Raggiungo la traccia che porta al monte Bellavista e spero di incontrare qualche alpinista che mi informi di come e dove scendere sul ghiacciaio superiore (tali informazioni le avrei avute al rifugio Marco e Rosa se ci fossi passato), ma trovo solo degli stranieri con i quali non riesco ad intendermi.
La situazione si fa nuovamente seria e la stanchezza riesplode.
Osservo la traccia che va verso sinistra, ma che scende mentre io devo salire, raggiungo il colle, raggiungo la cima.
Finalmente sono arrivato sulla vetta e sono "solo" le dodici.
Una bevuta ristoratrice e una merendina (grosso errore averne portate solo due per l'intera giornata!), ed un riposino piacevolissimo.
Lo spettacolo ripaga la fatica fatta e quella da fare, le cime innevate si susseguono e pare si rincorrino, lo sguardo spazia ovunque e vede dappertutto quello che solo un essere superiore può creare.
Una sensazione di dolce beatitudine ti eleva al di sopra dei problemi terreni, ti senti leggero, appagato e pieno di gioia e di serenità, ma ...
Sono solo a metà traversata e non conosco i due ghiacciai da superare, per giunta vedo che il primo è ricoperto da 70-80 cm. di neve fresca.
Scivolo fuori dal mio involucro celestiale e comincio a preoccuparmi un po' per quanto mi resta da fare.
I colli attraverso i quali si potrebbe scendere con facilità sono lontanissimi e non mi sento di raggiungerli, per cui devo scendere dalla parete che sovrasta il ghiacciaio, ma questa è ben ripida!
E adesso che faccio?
Non c'è scelta, l'ho voluta fare una bella traversata e una bella deviazione piena di incognite e di nuove esperienze? E allora cominciamo a scendere!
Scendo e sono in piena parete: alla mia destra non vedo altro che il vuoto, per cui presumo ci sia un salto; alla mia sinistra sembra meglio, provo e ... si ...., posso scendere ed intravedo un canalone che termina sul ghiacciaio (mamma mia, che sollievo) e lo percorro con molta attenzione perché c'è sempre la neve fresca.
Mi attende però una crepaccia coperta da neve molle: E adesso che faccio?
Forse è semplice ... (forse!) ... Basta sdraiarsi sulla schiena a gambe e braccia aperte e ... via ... : una bella scivolata sopra la neve!
Così faccio e tutto riesce bene, ma che brutta sensazione "sentire" il vuoto sotto la schiena!
Anche questa e fatta e sono "fuori dalla peste", si fa per dire.
Ecco le famose rocce rosse che separano i due ghiacciai: dovrei trovare un sentiero, un ometto, una traccia ... niente di niente, trovo solo un bel salto di 200 metri di roccia.
E adesso che faccio?
Mi guardo bene in giro perché mi preoccupa un po' questa discesa a me sconosciuta, ma si tratta solo di precauzione, perché non mi arrendo certo dopo quello che ho già superato!
In fondo vedo il bivacco Pansera, ma per raggiungerlo devo attraversare il ghiacciaio nel quale ci sono troppi crepacci da superare: è impossibile.
Devo assolutamente scendere da qui!
Si, ma da dove?
Beh, cercando per esempio il punto più adatto, per esempio un canalone! Scruto e scruto ed eccolo!
E' anche più facile del precedente e c'è anche una bella neve e in fondo c'è ghiaccio "vivo" con i crepacci ben visibili: avanti tutta; un bel salto finale ed anche l'ultima crepaccia è superata!
Proseguo sul ghiacciaio inferiore che è pianeggiante ma lunghissimo e non finisce mai.
Sono veramente stanco, ormai sono le 17 e comincio a preoccuparmi.
Raggiungo finalmente le roccette che avevo visto da molto lontano, ma non trovo l'ometto che mi aspettavo e che mi avrebbe indicato il sentiro: solo tracce di camosci.
E adesso che faccio?
Sono oramai le 18, la stanchezza aumenta, i miei 66 anni si fanno sentire, non ce la faccio più (si fa per dire, ma sono quasi al limite della mia resistenza).
Mi concentro e cerco di risolvere quest'ultimo problema della giornata.
Si ma come?
Sotto c'è un altro salto di circa 200 metri di roccia e so che più in alto c'è un colle dove si passa con tranquillità, ma proprio non ce la faccio a salire sin lassù!
No, non ce la faccio, per cui devo ragionare, anzi riposare, rifocillarmi e poi decidere.
Mangio la seconda merendina, prendo un'aspirina che a me fa bene, bevo molto e penso che, se ci sono tracce di camosci, ci deve essere un canalone, qualche passaggio che che permette loro di arrivare sul sentiero che vedo in basso.
"Se passano loro passo anch'io!".
Incoscienza, presunzione, fortuna o forse solo esperienza?
Fatto sta che trovo un canale relativamente facile e raggiungo il sentiero: lo seguo ed arrivo alla Bignami!
Sono quasi le 20: tolgo lo zaini di 13,5 kg., mi siedo su un gradino del rifugio e, come mia abitudine, assaporo con gioia l'ultimo sorso di acqua e gazzosa.
Mi estraneo a quanto mi circonda, il mio pensiero torna là alle stupende difficoltà naturali che ho superato e spontaneo nella mia mente si fa strada un canto che dice : "Va l'alpin sulle alte cime ..." che termina con "... sun andà, col cuor tranquillo e al rifugio sun arrivà!".
Chissà perché, ma mentre il cuore accompagna il canto, gli occhi si inumidiscono.


Una giornata così meritava un seguito, ed ecco che il 9/9/2000 sono ritornato, sempre in solitaria e con un anno in più, nello stesso stupendo scenario per ripercorrere la traversata, ma in senso inverso, partendo dalla Bignami per arrivare alla Marinelli.
Naturalmente ho escluso la deviazione "casuale" relativa al canalone "Folatti" (pazzo si, ma non del tutto!).
La traversata è risultata ugualmente stupenda e anche più logica ed oltretutto meno impegnativa.
Sono mancate le trepidazioni e le soddisfazioni dovute alle incognite superate nella precedente traversata ma uguale è stata la gioia e l'appagamento che anche questo secondo itinerario mi ha dato.


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