Lo spettro del Brocken

All'inizio degli anni 80 salivo con un amico al bivacco Savoia, sopra Ollomont, in val d'Aosta.
Era una giornata nuvolosa con qualche raggio di sole, nei primi giorni di novembre.
D'un tratto scorgemmo, ad una quota di circa 2400 metri, sulla nostra destra, proiettate su un muro di nuvole, le nostre ombre, ben definite, circondate da una cornice formata dai colori dell'arcobaleno.
Ci muovevamo, agitavamo le braccia e i nostri movimenti venivano riprodotti in quella cornice.
Ricordo che proseguimmo per il bivacco e quando al ritorno ci ritrovammo nello stesso posto il fenomeno si ripeté, tanto che ci fermammo a lungo ad osservarlo.
Non avevamo la macchina fotografica, da allora la portai sempre nel sacco ma il fenomeno non l'ho più rivisto.
Si chiama appunto spettro del Brocken , chiamato in Piemonte "svaina".
Dopo qualche tempo uscì un articolo con fotografia su "Lo Scarpone", l'arcobaleno circondava l'ombra di una persona.
Un escursionista l'avevo visto e fotografato nei pressi del piccolo San Bernardo, sulla Lancebranette.
A questa segnalazione ne seguirono altre, un piccolo censimento degli avvistamenti che avvengono su tutto l'arco alpino.
Il fenomeno, chiamato anche "gloria", era conosciuto in Cina sino dall'antichità, ma da noi è stato studiato solo alla fine del 700.
Avviene quando si osserva da una montagna o da un aereo in volo la propria ombra proiettata su un tappeto di nuvole.
Van De Hulst studia il fenomeno nel 1957 e afferma che "gli anelli della gloria vengono formati da minuscole gocce e da cristalli di ghiaccio appartenenti ai cirri o alle nebbie; secondo tale studio il raggio degli anelli concentrici può variare da un minimo di 1.2° ad un massimo di 8.3°".
Pare che sia stato scorto anche da Whymper durante la discesa nella sfortunata prima ascensione del Cervino, così almeno vengono interpretate alcune righe del suo racconto, quando dice di aver visto "due grandi croci poste all'estremità di un arco immenso che improvvisamente si disegnò nel cielo".
Il Brocken (il "Bructerus Mons" dei romani) con i suoi 1142 metri è la più alta montagna della catena degli Harzgebirge, nel nord della Germania, ed è stata resa famosa da Goethe nel suo Faust.
Sul suo più alto dirupo, l'Ilsenstein, regna Urian, il Demonio.
La notte tra il 30 aprile e il primo maggio, la Walpurgisnacht, è dedicata a Santa Valpurga.
In odio a lei, simbolo di purezza, le streghe si radunano su quella montagna, in quella notte per celebrarvi la festa pagana dell'amore sensuale, della lussuria.
Per difendersi da questi spiriti maligni, gli abitanti dei villaggi ai piedi della montagna (Schierke ed Elend), prima di quella data raccolgono ovunque grandi quantità di legname, cui, in quella notte, danno fuoco e più è alta la fiamma, maggiore è la difesa.
Mefistofele vi accompagna Faust, che crede di riconoscere in "una bella, pallida bimba", la sua Margherita, distogliendosi così dalle lusinghe delle streghe.
Salgono sul monte "pazzo per incantesimi" seguendo un fuoco fatuo, che secondo le antiche credenze, parla con la voce del Demonio.
Ed ecco che Faust vede "una torbida luce che simile ad un crepuscolo, irradia attraverso gli abissi", mentre tra "vapori, caligini, nebbie e foschia" brilla una fiamma, che "a volte pare un rivolo, a volte una fonte, mentre intorno "sprizzano scintille e la parete del monte si illumina"."
Chi vuole, può vedere in queste parole una descrizione del fenomeno meno arida di quelle che parlano di diffrazione, particelle di nebbia ed illusione ottica.
Anche Heine descrive la montagna, come potrebbe descriverla un turista del tempo (primi anni dell'800).
Non pare colpito dal fascino misterioso che qualche decennio prima aveva colpito Goethe.

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