Petite Tête de Bellatsà, m. 2917.

Un giorno non sapevo dove andare, volevo un posto che mi desse profonde emozioni, sia per l'ambiente che per la scelta dell'itinerario, non alpinistico ma ma tale da farmelo inventare, allora ho deciso di tornare sulla Petite Tête de Bellatsà, la prima elevazione del crestone che sale alla punta Budden e che divide i bacini dei ghiacciai delle Grandes Murailles e delle Petites Murailles.
Ci ero stato dieci anni fa, ricordo uno spettacolo tra i ghiacciai impressionante e un po’ di tensione nel trovare la via giusta.
L'itinerario di salita
Parto da casa dopo le sette e un quarto, da Place de moulin alle otto e cinque.
Impiego un’ora e dieci ad arrivare a Prarayer dove trovo un qualche movimento, persone assonate oziano davanti o nei pressi del rifugio.
Alcuni sono già in movimento e scorgo alcune sagome sparire sul sentiero per il rifugio Aosta.
Raggiungo e supero un ragazzo, che cammina con gli auricolari, evidentemente si fa accompagnare dalla musica e mi domando da che tipo di musica.
Prima di raggiungere le passarelle che attraversano l'impetuoso torrente Brulè che cala con forza dal vallone omonimo trovo un'indicazione che manda a destra, verso il Buthier che scende da Tsa de Tsan.
Decido di seguirla, un ponte attraversa il Buthier e si continua sulla sponda sinistra che è all’ombra ed è l’unico vantaggio di questa deviazione che è più lunga del sentiero normale, sul quale vedo il ragazzo che avevo superato ben più avanti rispetto a me.
Il sentiero supera un torrente su un ponte, si avvicina al ponte della via solita, si unisce al sentiero che proviene da esso e arriva ai ruderi di Gorge, dai quali si gode di una bella vista sul lago.
Il lago di Places Moulin da Gorge
Naturalmente mi fermo a fare fotografie, poi riprendo il sentiero che mi porta a Dere le vieille, una località amena, con una costruzione ristrutturata ed una piccola bocchetta dalla quale si vede Tsa de Tsan e il rifugio Aosta.
Dovrei seguire il sentiero 11, ma ora i segni sono spariti.
Raggiungo la bocchetta per cercare lumi, ma si vedono solo i sentieri che vanno al rifugio, torno indietro e trovo un tipo che sta andando all’Aosta per questa strada.
Raggiungo la costruzione e cerco il sentiero con qualche difficoltà tra le erbacce, poi trovo qualcosa, delle tracce (in realtà su un masso del prato c'è un segno giallo, l'avessi notato mi sarei risparmiato un inutile vagare tra erbacce) che mi portano in alto e alla fine trovo il sentiero che seguo sino ai ruderi dell’alpe Bellatsà.
Sono sfinito, ho impiegato più di due ore da Prarayer, penso che mi fermerò qui.
Poi mi metto a mangiare e sono un po’ rincuorato.
Mi guardo intorno, forse potrei salire un po’ verso lo Chateau des Dames, forse potrei andare verso la Petite Tête.
Decido di andare verso di essa, finché le gambe mi tengono, sarò sempre in tempo a tornare indietro.
Così vado a cercare i segni gialli del sentiero che porta al bivacco Tête de Roeses,, li trovo e li seguo con qualche difficoltà perché ogni tanto si perdono, si supera un ripido pendio erboso, un tratto di pochi metri di arrampicata che a suo tempo Anna aveva evitato su detriti a destra, poi si continua su un macereto con ometti e si arriva alla cresta e al passaggino che dieci anni fa mi aveva fermato, anche se poi l’avevo percorso in discesa.
Ora so che c’è un passaggio a destra, salgo per prati non troppo ripidi e trovo una breccia sulla sinistra, che percorro con relativa facilità e mi porta sull’ampia cresta che porta in cima.
A scanso di equivoci costruisco degli ometti per il ritorno, ci sono anche dei nevaietti che mi aiuteranno ad individuare il luogo.
Infatti il crestone sale ampio e tutto uguale verso la barriera rocciosa che sorregge la cima.
Salgo dapprima direttamente, poi piego a sinistra sia perché da quella parte la via appare evidente, sia per godere al più presto dello spettacolo sui ghiacciai.
Si sale su erba e su detriti, per canalini e cengette, sempre su terreno facile e quando raggiungo il punto da dove si vede dall’altra parte sono oramai in vista della cima e del suo ometto che raggiungo con un’altra (lunga, così mi pare) marcia tra i sassi.
Ora sono proprio contento anche se sono da molto passate le due, ho impiegato più di due ore dall’alpe.
L'ometto sulla cima, verso Tsa de Tsan
Mi metto a sparare foto freneticamente, purtroppo non trovo un appoggio per farmi una foto con l’autoscatto.
E’ abbastanza tardi, decido di scendere subito ho anche un po’ d’ansia di ritrovare il giusto percorso per scendere, anche se gli ometti che ho messo mi danno in fondo abbastanza tranquillità.
E infatti, scendo verso un ripiano roccioso che avevo individuato salendo e mi imbatto nel primo simpatico ometto, ora non mi resta che seguire che passare sotto una parete, arrivo ad un altro ometto, giro a destra, ma non vedo i due nevai etti, allora torno indietro e continuo a scendere finché sono alla base della cresta, passo vicino ai due nevai etti e raggiungo i segni gialli.
Li seguo sino al ripido pendio erboso dove li perdo, ma ora non c’è tema di sbagliare, l’alpe Bellatsà è sotto di me e ad essa stanno arrivando due persone cariche di sassi.
Raggiungo l’alpe, i due sono una coppia di francesi, scambiamo poche parole.
Raggiungo un torrente e faccio il primo pediluvio dell’anno, il primo pediluvio dei miei settant’anni.
Mi è rimasto un uovo sodo e del Powerade, faccio fuori tutto.
Ora ho il lungo ritorno, sono le quattro quando inizio la discesa, ora seguo senza problemi il sentiero che mi porta a Dere la vieille, altra sosta con fotografie, poi continuo, raggiungo il ponte che mi porta sul sentiero dell’Aosta e arrivo a Prarayer dove faccio raccolta d’acqua alla fontana.
Alle sei meno un quarto inizio la strada per Place Moulin, sono veramente stanco, impiegherò un’ora e mezza a raggiungere l’auto, poche volte ho così sofferto su questa strada.
Stanco e contento sono a casa verso le otto, dove mi nutro solo di succhi di frutta e melone.


Le foto

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